NeuroCOVID

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Come avevo già anticipato nella mia precedente review sul Long COVID, con quest’ultimo articolo sulla COVID-19 ci concentreremo sulle conseguenze più prettamente neurologiche della malattia a lungo termine. Nel precedente articolo avevo già accennato ad alcuni sintomi neurologici causati dal virus soffermandomi sugli effetti che questi ha a livello del resto del corpo (come ad esempio l’astenia correlata ai danni a livello polmonare e cardiaco), in questo testo invece descriveremo più in dettaglio la sindrome neurologica da COVID-19 (detta NeuroCOVID) e cercheremo correlazioni di questa con parametri anatomopatologici e strumentali. Per finire tratterò poi una t(esi prettamente speculativa di correlazione fra la NeuroCOVID e una misteriosa encefalite di sospetta origine virale (mai confermata) avvenuta nel secolo scorso: l’encefalite di Von Economo (tesi speculativa che, come vedremo, mostrerà interessanti deduzioni anche per quanto riguarda l’origine della malattia da COVID-19 e la sua possibile evoluzione futura).

Per iniziare proviamo a descrivere cos’è clinicamente la NeuroCOVID elencandone alcune caratteristiche: affaticamento, cefalea, vertigini, vomito, crisi epilettiche, disturbi della coscienza, disturbi cognitivi, anosmia, neuropatie periferiche (Guillain Barrè), encefalopatie, eventi ischemici cerebrali acuti (causati dalla nota tendenza alla trombofilia data dal virus) e disturbi del movimento (parkinsonismo) (Correia et al. 2020). In particolare la sintomatologia relativa ai disturbi del movimento ha un prevalenza non trascurabile nei pazienti colpiti dalla COVID-19 (Khoshnood et al. 2021) ed è spesso discussa anche in altre review sia in correlazione alla malattia stessa sia come conseguenza secondaria del lockdown e dei suoi effetti sociali per quanto riguarda la malattia di Parkinson (Anghelescu et al. 2021)

A livello biochimico e biologico è stato dimostrato che il virus è in grado di infettare i neuroni umani tramite il recettore ACE2 da loro espresso (Ramani et al. 2020) ed è anche in grado di produrre danni nel loro contesto con vari meccanismi: induzione della formazione di proteine amiloidogeniche (Idrees et al. 2021) e loro diffusione (Liu et al. 2021), attivazione della microglia (Poloni et al. 2021) e dismetabolismo del ferro (Sfera et al. 2020). E’ stato inoltre dimostrato un suo effetto deleterio sui neuroni dopaminergici (Han et al. 2021) ed è stata descritta anche la cascata di eventi di interazione molecolare che dall’infezione porta alla sintomatologia parkinsoniana (Estrada et al. 2021).

Sono ovviamente stati condotti anche numerosi studi di neuroimaging sui pazienti affetti dalla NeuroCOVID; in particolare la RM ha evidenziato in acuto sia lesioni di tipo ischemico/emorragico diffuse sia alterazioni meningee, vascolari e da demielinizzazione che nella maggior parte dei casi tendono a normalizzarsi nel follow-up (ad eccezione delle microemorragie), con un numero ristretto di pazienti che mostrano invece complicazioni tardive o aggravamento. L’imaging RM perfusivo segue un pattern simile con comparsa di alterazioni in acuto che col tempo tendenzialmente normalizzano, mentre la volumetria cerebrale mostra dapprima riduzione ma successivamente normalizzazione in seguito a trattamento con corticosteroidi. Non sono state invece rilevate alterazioni alla spettroscopia RM. La PET con FDG ha mostrato nei pazienti studiati ipometabolismo (anche persistente) a livello dei lobi temporali e delle insule (Lersy et al. 2022).

Un’altro studio (Morassi et al. 2020) ha eseguito FDG-PET, MRI e SPECT con FP-CIT (Datscan) a 2 pazienti affetti da parkinsonismo NeuroCOVID-correlato mostrando netta irregolarità della SPECT con FP-CIT con ipocaptazione del radiofarmaco a livello dei gangli della base associata a loro ipermetabolismo alla FDG PET (evidente anche a livello del tronco encefalico, del cervelletto e delle porzioni mesiali dei lobi temporali ed associato ad ipometabolismo corticale diffuso a livello di aree rilevate atrofiche alla MRI). Secondo gli Autori tale quadro è da associare agli effetti tossici/da disconnessione del virus nelle aree atrofiche ed ad infiammazione indotta a livello delle aree ipercaptanti.

Dato che una delle ipotesi più in voga per la genesi della NeuroCOVID è che il virus raggiunga il cervello tramite i nervi olfattivi (da qui l’anosmia tipica della malattia) e da li si diffonda in modo simile a quanto descritto da Braak per l’alfa-sinucleina nel Parkinson passando per il tronco encefalico, sarebbe a mio avviso molto interessante provare a fare un’indagine SPM su delle immagini SPECT FP-CIT di questi pazienti a confronto con dei normali e nel follow-up, utilizzando una metodica che consenta di analizzare le minime differenze che potrebbero essere presenti a livello del “fondo” delle immagini (Galati et al. 2013) e che durante la specialità con il resto del gruppo con cui collaboravo avevo già utilizzato con successo per la mia tesi di specializzazione sulla malattia di Parkinson (dati mai pubblicati), nel confronto fra i generi (Galati et al. 2015) e nello studio dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (Balma et al. 2017).

Dopo questa carrellata di auto-citazioni 😀 passiamo alla parte più speculativa dell’articolo: E’ possibile che nel passato ci sia già stata un’epidemia simil-influenzale che in realtà sia stata causata da un coronavirus analogo al SARS CoV 2 e non da un virus influenzale? Brussow e collaboratori (2021) sostengono che una malattia molto simile alla COVID-19 si sia diffusa fra il 1889 ed il 1891 con il nome di “Influenza Russa”. All’epoca ovviamente non si avevano le conoscenze per rilevare l’agente eziologico della malattia, ma ci sono stati comunque tramandati dei resoconti clinici molto dettagliati dai medici dell’epoca, i quali parlano di una malattia più grave dell’influenza, caratterizzata spesso da insufficienza respiratoria, febbre elevata ed anosmia, che reinfetta le persone già contagiate (al contrario dei virus influenzali), più comune nei posti ove convivono animali ed umani e con spesso sequele a lungo termine simili al long-COVID ed al NeuroCOVID Nelle prime società industriali la produzione agricola spesso non bastava a coprire i fabbrisogni quindi si allevavano e vendevano animali anche in città, erano molto colpiti anche gli allevatori di cavalli e queste persone più spesso si reinfettavano delle altre. Questi dati sono spaventosamente simili alla COVID-19 e correlerebbero con una trasmissione zoonotica e di zoonosi inversa (con quindi reinfezione da nuove varianti sviluppate negli animali). Purtroppo dai campioni biologici dell’epoca, troppo vecchi, non è stato possibile rilevare nulla (al contrario dell’influenza spagnola in cui dei “paleobiologi” sono riusciti a trovare e sequenziare il virus), tuttavia gli Autori dello studio hanno un probabile candidato per l’influenza “russa” di fine 1800… un candidato che circola ancora oggi fra noi! il coronavirus OC43! (attualmente uno dei maggiori responsabili del raffreddore comune) Questo virus infatti potrebbe aver causato la pandemia del 1800 tramite passaggio di specie (verosimilmente dal cavallo, dal topo o da altri animali domestici infettati da coronavirus simili) e da li essersi adattato man mano all’essere umano a suon di mutazioni in modo simile a come ha fatto la variante Omicron del SARS CoV 2, fino a diventare un virus “innocuo”. Se questa ipotesi fosse vera potrebbe essere non solo una spiegazione convincente sulle origini reali del SARS CoV 2, ma potrebbe anche farci pensare che l’epidemia da COVID-19 stia lentamente volgendo al termine con la comparsa della variante Omicron (anche se il recente rialzo di contagi e ricoveri ancora non fa ben sperare). Tuttavia questa ipotesi non porta solo buone notizie se pensiamo ad un altra malattia “misteriosa” comparsa alcuni decenni dopo l’Influenza Russa e di cui non è mai stato trovato l’agente eziologico: l’encefalite letargica di Von Economo! Questa malattia, che si manifestava con sonnolenza e parkinsonismo (dando anche dei decessi) è comparsa negli anni 20 del 1900 poco dopo l’epidemia di Influenza Spagnola (di cui si è sempre ritenuta una possibile conseguenza) e dopo un po’ è sparita misteriosamente … capite però da soli che se fosse vera l’ipotesi di un “Influenza Russa” da coronavirus comparsa alcuni decenni prima, con una clinica neurologica simile alla COVID-19, non c’è da ben sperare per il prossimo futuro se si pensa alla Von Economo! (Shorter et al. 2020, Eldeeb et al. 2020, Badrfam et al. 2020).

Al netto di questi dati ho cercato su PubMed informazioni su un eventuale neurotropismo del coronavirus OC43, sulla possibile insorgenza di “sindromi neurologiche” date da infezioni da questo virus in soggetti fragili e sulla ricerca di eventuali meccanismi molecolari dietro questi quadri clinici… e le notizie purtroppo non sono belle!

Kasereka e collaboratori (2020) hanno descritto un caso di encefalite “letargica” dato da un’infezione da coronavirus OC43 in un paziente immunocompromesso, con una clinica non dissimile dalla Von Economo (negli immunocompromessi è possibile che l’equilibrio fra virus e sistema immunitario si rompa rendendo la malattia più aggressiva e simile alla sua forma “ancestrale”?). In generale è ben noto in letteratura il neurotropismo dei coronavirus ed il fatto che possano dare infezioni a livello del SNC (Almqvist et al. 2020) ed è stata descritta anche la possibilità per il coronavirus dell’epatite murina MHV-A59 di infettare i gangli della base nei topi (Fishman et al. 1985).

St-Jean e collaboratori nel 2004 avevano già dimostrato il neurotropismo del coronavirus OC43 e la sua similitudine a livello di genoma con il coronavirus dell’epatite murina MHV-A59. Lo stesso autore ha anche dimostrato come il coronavirus OC43 possa anche mutare in coltura per meglio adattarsi alle cellule nervose ospiti durante infezioni persistenti. Anche Arbour e collaboratori nel 1999 avevano dimostrato gli effetti dell’infezione acuta e persistente di neuroni da parte del coronavirus OC43, mentre Edwards e collaboratori nel 2000 avevano descritto l’attivazione delle cellule gliali da parte dello stesso patogeno (tutti questi articoli con autori diversi sono stati fatti dallo stesso gruppo di lavoro).

Sono state trovati inoltre linfociti T reattivi contro il coronavirus OC43 e la mielina nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla (Boucher et al. 2006), oltre ad anticorpi specifici per questo ed altri coronavirus nel liquor di pazienti affetti da Malattia di Parkinson (Fazzini et al. 1992). Potrebbero quindi le infezioni da coronavirus, alla luce di questi dati, avere un importante ruolo nella genesi non solo del NeuroCOVID ma anche dal Parkinson idiopatico e di altre ancora misteriose malattie del SNC? Potrebbe quindi ritornare in auge la ormai quasi abbandonata “ipotesi virale” della Malattia di Parkinson? (che era stata ipotizzata a seguito dell’encefalite di Von Economo?) Sicuramente le idee speculative illustrate in questo articolo necessitano di ulteriori studi per essere verificate… e di sicuro se fossi io a condurli non perderei di vista nei prossimi anni i pazienti ora affetti dalla COVID-19 e, oltre a ripetuti controlli clinici nel tempo, li sottoporrei anche ad esami di imaging per verificare se e come le alterazioni anatomo-funzionali persistano nel tempo ed evolvano. La causa dell’encefalite di Von Economo non è mai stata trovata… ed a mio parere ciò è compatibile col fatto che l’infezione causale possa essere avvenuta decenni prima! Personalmente sarei molto curioso da un lato di verificare a distanza di tempo la persistenza delle alterazioni già rilevate mediante la MRI e la FDG PET (che potrebbero anche permetterci di rilevare in anticipo i pazienti a rischio e provare a sottoporli a dei trattamenti preventivi) e, da un punto di vista più “personale”, sarei molto tentato (se potessi…) ad usare il Datscan con le “mie” metodiche pensate anni fa per lo studio dell’innervazione monoaminergica extrastriatale, in modo da confermare se la causa delle alterazioni metaboliche, funzionali ed anatomiche non sia da ricercare nella denervazione monoaminergica e conseguente atrofia da disconnessione (in modo simile a quanto descritto anche da Braak per la Parkinson-Demenza/Demenza a corpi di Lewy)

Bibliografia:

Correia et al. 2020. Neurological manifestations of COVID-19 and other coronaviruses: A systematic review

Khoshnood et al. 2021. Parkinson’s disease and COVID‑19: a systematic review and meta‑analysis

Anghelescu et al. 2021. Effects of the COVID-19 Pandemic on Parkinson’s Disease: a Single-Centered Qualitative Study

Ramani et al. 2020. SARS-CoV-2 targets neurons of 3D human brain organoids

Idrees et al. 2021. SARS-CoV-2 spike protein interactions with amyloidogenic proteins: Potential clues to neurodegeneration

Liu et al. 2021. Highly efficient intercellular spreading of protein misfolding mediated by viral ligand-receptor interactions

Poloni et al. 2021. COVID- 19- related neuropathology and microglial activation in elderly with and without dementia

Sfera et al. 2020. COVID-19, ferrosenescence and neurodegeneration, a mini-review

Han et al. 2021. SARS-CoV-2 Infection Causes Dopaminergic Neuron Senescence

Estrada et al. 2021. Cascading from SARS-CoV-2 to Parkinson’s Disease through Protein-Protein Interactions

Lersy et al. 2022. Evolution of Neuroimaging Findings in Severe COVID-19 Patients with Initial Neurological Impairment: An Observational Study

Galati et al. 2013. Activity normalization in SPECT with I123-ioflupane: removing the background without losing the target. Presentazione orale Congresso Nazionale AIMN Torino 2013.

Galati et al. 2015. FP-CIT activity normalization in SPM analysis. The (reproducible) relativity in gender comparison. Presentazione orale Congresso Nazionale AIMN Rimini 2015

Balma et al. 2017. The role of 123-I-FP-CIT in the study of serotorinergic system in amyotropy lateral schlerosis: a potential aid in understanding of the etiopathogenesis. Poster Congresso Nazionale AIMN Rimini 2017

Brussow et al. 2021. Clinical evidence that the pandemic from 1889 to 1891 commonly called the Russian flu might have been an earlier coronavirus pandemic

Shorter et al. 2020. The firsrt psychiatric pandemic: Encephalitis lethargica, 1917–27

Eldeeb et al. 2020. COVID-19 infection may increase the risk of parkinsonism – Remember the Spanish flu?

Badrfam et al. 2020. From encephalitis lethargica to COVID-19: Is there another epidemic ahead?

Kasereka et al. 2020. Neuroinvasive potential of human coronavirus OC43: case report of fatal encephalitis in an immunocompromised host

Almqvist et al. 2020. Neurological manifestations of coronavirus infections – a systematic review

Fishman et al. 1985. Infection of the Basal Ganglia by a Murine Coronavirus

St-Jean et al. 2004. Human Respiratory Coronavirus OC43: Genetic Stability and Neuroinvasion

Julien R. St-Jean, Marc Desforges, and Pierre J. Talbot. GENETIC EVOLUTION OF HUMAN CORONAVIRUS OC43 IN NEURAL CELL CULTURE

Arbour et al. 1999. Acute and Persistent Infection of Human Neural Cell Lines by Human Coronavirus OC43

Edwards et al. 2000. Activation of glial cells by human coronavirus OC43 infection

Boucher et al. 2006. Long-term human coronavirus-myelin cross-reactive T-cell clones derived from multiple sclerosis patients

Fazzini et al. 1992. Cerebrospinal Fluid Antibodies to Coronavirus in Patients with Parkinson’s Disease

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